Insonnia: Non dormiamoci sopra.

Riassunto

Insonnia e terapia breve: Una cura rapida ed efficace? Analizziamo insieme le principali condizioni che non ci permettono di dormirci su. Vedremo in particolare che proprio le nostre credenze relative al sonno sono largamente responsabili dell'insonnia. Quindi una cura per l'insonnia? Vediamola insieme.

L’insonnia è un disturbo sempre più diffuso. 

Cosa può fare la Terapia Breve come cura per l’insonnia?

Se l’Insonnia dura più di qualche giorno, essa tende a diventare cronica e si caratterizza per una serie di alterazioni che si presentano durante la veglia, quali: irritabilità, diminuito tono dell’umore, astenia, disturbi della memoria, riduzione del funzionamento lavorativo e sociale.

Ce n’è abbastanza per preoccuparsene e pertanto per non dormirci su. In effetti, prima si interviene meglio è, vista la naturale tendenza dell’Insonnia a diventare cronica. Ma come intervenire esattamente?

Si calcola che l’insonnia colpisca circa un terzo della popolazione mondiale, mentre circa il 10% deve ricorrere ad un qualche dispositivo cura insonnia di tipo medico-sanitario.

Effettivamente, raccontata in questi termini, l’insonnia rappresenterebbe un problema su cui è meglio non dormirci sopra. Va da sé che ogni situazione o pensiero che ci allarma, per definizione non ci permette di dormire o quantomeno rende assai più difficoltoso il sonno.

 

Ora, spostando il focus dell’attenzione altrove, vorrei che riflettessimo su un dato particolare. 

Un’osservazione che tristemente è alla portata di chiunque e per qualsiasi motivo sia costretto a torturarsi con la sveglia al mattino (generalmente dal lunedì al sabato) è quella di notare che nei giorni nei quali si viene destati dall’odioso suono ci si sveglia stanchi maldicendo il sole e chi lo spinge ogni giorno a levarsi in cielo.

Mentre la domenica, quando finalmente pianifichiamo di goderci una mattinata intera a letto, non solo ci svegliamo insensatamente di buon umore e splendidamente riposati, ma soprattutto esattamente all’orario in cui fino al giorno prima abbiamo maledetto gli artéfici della rivoluzione industriale.

Ed è proprio a partire da questa riflessione che considereremo insieme una causa dell’insonnia, forse la più comune, a cui tuttavia si presta ben poca attenzione, la quale può fornire una buona base per la cura dell’insonnia.

Procediamo con calma. Prima vediamo insieme le cause generalmente associate con l’insonnia. 

  • STILE DI VITA (mangiare cibi pesanti soprattutto la sera, dormire durante il giorno, praticare poco esercizio fisico, consumare quantità eccessive di caffè, fumo)
  • STRESS (pensieri ricorrenti che precedono l’addormentamento)
  • ETÀ (l’andamento del sonno si modifica fisiologicamente nel tempo)
  • USO DI SOSTANZE (soprattutto quelle che ci fanno divertire parecchio)
  • USO DI FARMACI (antidepressivi, ansiolitici e, ironicamente, l’utilizzo prolungato nel tempo di farmaci per indurre il sonno)
  • DISTURBI PSICHIATRICI (ansia, depressione, disturbi psicotici)
  •  CREDENZE E PENSIERI RELATIVI AL SONNO (durata, qualità, necessità)
 

In questo breve articolo, vorrei spostare l’attenzione sull’ultimo punto , quello riguardante i pensieri e le credenze relative al sonno, perché esse a ben vedere rappresentano con ogni probabilità il maggior fattore scatenante e mantenente l’insonnia. 

Perché pensare all’insonnia effettivamente toglie il sonno. 

Ed una efficace cura per l’insonnia non può che incominciare da qui.

Perché immaginare che se non dormiamo otto ore di sonno regolarmente potranno accadere ogni sorte di cataclisma, toglie il sonno. Perché il sonno, esattamente come innamorarsi, dovrebbe avvenire spontaneamente, non dietro una precisa richiesta verso noi stessi del tipo “devo dormire adesso”.

Inspiegabilmente a mio avviso, la Letteratura psicologica in merito è arrivata con colpevole ritardo ad immaginare un modello che rendesse merito a queste ed altre osservazioni e le integrasse in un modello organico di cura per l’insonnia.

Secondo i lavori di Harvey (2002, 2005) infatti, l’insonnia sarebbe alimentata da credenze e pensieri negativi a cascata che si catalizzano principalmente nella fase di pre-addormentamento, generando una sensazione di angoscia persistente la quale a sua volta attiva il sistema nervoso centrale, rendendo di fatto impossibile il sonno. 

Inoltre, lo stato di arousal (eccitazione) del sistema nervoso centrale focalizza l’attenzione circa tutti gli stimoli ambientali e interni che impediscono il sonno. 

Vediamo insieme nello specifico quali tipologie di contenuti caratterizzano questi pensieri e credenze che scatenano l’insonnia:

  • QUANTITÀ (“devo tassativamente dormire almeno otto ore di sonno”)
  • QUALITÀ (“devo svegliarmi perfettamente riposato”)
  • PERFORMANCE (“se non dormo bene domani mi sentirò sicuramente poco in forma”)
  • DISTURBO (“soffro di insonnia, la quale è un grave problema”)

Se riconosciamo di aver nutrito e coccolato una credenza che ricada in una di queste quattro categorie possiamo certamente ringraziare la gran messe di Specialisti che, al fine di curarci un disturbo, hanno dovuto attivamente impegnarsi per costruirlo ad hoc.

Pensiamo al tipico medico di famiglia che di fronte alle nostre generiche lamentele (“dottore non dormo la notte”) invece di esaminare approfonditamente le dimensioni della nostra percezione del “problema” si è risolto consigliandoci un farmaco come unica cura per l’insonnia. 

Pensiamo allo psicoterapeuta che di fronte alla nostra preoccupazione di dormire poco e male di notte si risolve nel castigarci con una frase del genere “da quanto tempo soffre di insonnia?”.

Riflettiamo sul gran numero di pubblicazioni anche online che ci invitano a non prendere sotto gamba il “problema dell’insonnia” perché nel tempo dicono, tende a cronicizzarsi.

Ed ora, ritorniamo al modello di Harvey e del ruolo che le nostre convinzioni giocano sulle nostre capacità di addormentamento. Possiamo facilmente riconoscere l’esistenza di un meccanismo psicopatogenetico in azione basato sulla classica profezia che si autoavvera

Resi edotti di queste conoscenze, come possiamo trasformarle in qualcosa di utile a curare l’insonnia?

Si sente parlare spesso di “igiene del sonno” e con queste parole si intendono un insieme di abitudini “corrette” che facilitano l’addormentamento. 

Tra queste come abbiamo visto rientrano l’assunzione di cibi leggeri, l’astenersi dal sonnellino pomeridiano, praticare esercizio fisico, ridurre l’assunzione di caffè e sigarette soprattutto alla sera. 

Parliamo adesso di “igiene” delle credenze relative al sonno.

Come abbiamo visto, conservare credenze e pensieri “sbagliati” rispetto al sonno è quanto di più deleterio per il sonno stesso. Vediamo come possiamo modificare queste credenze iniziando a metterle costruttivamente in dubbio.

  • QUANTITÀ: devo tassativamente dormire otto ore di sonno. Assolutamente discutibile. In effetti ogni persona necessita di un quantitativo di sonno variabile in base all’età, le abitudini e il periodo dell’anno. Pertanto se ci capita di dormire per un periodo quattro, cinque ore possiamo serenamente ritenere che va bene così, perché il nostro organismo sa regolarsi da solo.
  • QUALITÀ: devo svegliarmi perfettamente riposato. Anche questo assunto può e dovrebbe essere messo in discussione, poiché ogni persona in un dato momento può risvegliarsi più o meno riposato. Al limite, se desideriamo dormire meglio e sentirci più riposati possiamo sempre modificare alcune di quelle abitudini di vita notoriamente associate con una pessima qualità del sonno. Se non lo faremo, vorrà dire che abbiamo scelto di “sacrificare” il nostro riposo sull’altare delle nostre abitudini. Una scelta come un’altra.
  • PERFORMANCE: se non dormo bene domani mi sentirò sicuramente poco in forma. Anche fosse? Qual è esattamente il problema? Domani devo partecipare ad una importantissima gara olimpica? Oppure vado in ufficio, nello stesso luogo dove ho già sonnecchiato decine e decine di altre volte in passato? 
  • DISTURBOsoffro di insonnia, la quale è un grave problema. No, non “soffro” di insonnia. Semplicemente, è qualche tempo che non dormo come desidero. Questo significa soltanto che dormirò meglio quando per me sarà giunto il tempo di dormire meglio.
  •  DEVO DORMIRE ADESSO: assolutamente no, se non dormo posso fare altre cose. Tipo finire quel lavoro che così noioso e che dovrei completare entro la settimana. Così domani avrò più tempo libero a disposizione. E magari mi addormenterò facendolo.

Sforzarsi di dormire rappresenta forse l’atteggiamento più comune e più deleterio. 

Invece di contare le pecore fissando il soffitto aspettando invano che il sonno arrivi, alziamoci dal letto e occupiamoci di altro. Questo approccio all’insonnia, apertamente contrario al senso comune che ci prescrive di cercare invano di dormire, era tipico di Milton H. Erickson, pioniere indiscusso della Terapia breve. 
In un caso di insonnia intrattabile che andava avanti da ben otto mesi, Erickson propose ad paziente che aveva in psicoterapia di seguire un protocollo terapeutico piuttosto particolare. 
L’uomo avrebbe infatti dovuto cercare di addormentarsi per circa un quarto d’ora
Passato il quarto d’ora, avrebbe dovuto alzarsi ad incerare i pavimenti di casa fino a quando non avvertiva che era giunto il tempo di dormire. Se non si fosse addormentato dopo quindici minuti, avrebbe dovuto rialzarsi e incerare nuovamente i pavimenti di tutta la casa. 
Inutile dirlo, entro il terzo giorno di questo trattamento ordalico il paziente aveva ricominciato a dormire.
 
 

Anche variare intenzionalmente le ore di insonnia può produrre ottimi risultati.

Quest’affermazione sembra piuttosto paradossale (ed in effetti lo è) ed è proprio la sua natura paradossale a rendere questa tecnica così efficace. 
 
Chi fatica ad addormentarsi può facilmente obbligarsi a rimanere sveglio fino ad una certa ora della notte. Spesso infatti ci rendiamo insonni proprio sulla base di questo meccanismo: riteniamo che sia assolutamente necessario addormentarsi ad una certa ora della sera e, se il sonno non arriva finiamo per agitarci ed ovviamente per allontanare il sonno. 
 
In questi casi dovremmo porci una domanda: chi ha detto che devo tassativamente dormire per le dieci di sera?
Che cosa mai succederà se alle 11 sono ancora sveglio? Davvero è così fondamentale che io dorma ogni giorno sette ore di sonno, oppure a volte posso dormirne anche solo cinque?
 
Un caso di insonnia che ho trattato con successo personalmente, la persona in questione si rendeva insonne esattamente seguendo questo principio: ella sapeva che per essere in forma il giorno dopo avrebbe dovuto dormire almeno sette ore e trenta minuti (alcune persone sanno essere molto precise a riguardo). 
Svegliandosi alle sei del mattino, questo significa che ogni sera e con certosina regolarità si coricava alle dieci di sera, rimanendo sveglia fino alle tre del mattino a rimuginare sul perché non dormisse ed immaginando catastrofiche conseguenze per il giorno successivo. 
 
La terapia non poteva che essere la più ovvia, a questo punto: costringersi ad andare a letto alle tre del mattino.
Nonostante molte rimostranze, la signora accettò di buon grado di “tentare, perché intanto cosa ho da perdere?” Ovviamente non resse che poche notti, prima di cadere addormentata verso le 11 di sera…
 
In conclusione, poiché è d’uopo concludere, ci sono infiniti modi di utilizzare le nostre credenze relative al sonno affinché ci garantiscano nottate serene. Alternativamente, possiamo utilizzarle con profitto per non dormirci sopra la notte. 
A noi la scelta. Tanto, come regola generale otterremo sempre il contrario di quello che vogliamo imporci….
 

Il sonno, come l’innamoramento, è un processo che avviene spontaneamente. Mentre l’insonnia è sempre generata dal nostro attivo impegno.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

[instagram-feed]
×

 

Domande? Richieste? Curiosità?

Scriva il suo messaggio: Sarà ricontattato nel più breve tempo possibile

× Salve! Come posso aiutarla?