La Cefalea è un dolore che a volte può essere di origine psicosomatica e pertanto può trovare giovamento con l’ipnosi, sia etero che auto-indotta.
Mi contatta la madre di Luca (nome di fantasia) perché suo figlio da quasi nove mesi non esce di casa né partecipa delle consuete attività tipiche di un ragazzo di 19 anni. Luca ormai vive la sua quotidianità tra il letto, dove passa tre quarti della sua giornata e la Playstation.
Luca lo vedo dapprima in videochiamata, dacché la sua vita attiva è limitata a poche ore al giorno di veglia e non vi è, adatta della madre, nessuna possibilità di intraprendere il viaggio dal basso Piemonte fino a Genova.
Effettivamente trovo in videochiamata un ragazzo magro ed emaciato, con un tono muscolare visivamente ridotto, gli occhi aperti a mezza fessura.
Luca soffre di una cefalea costante che non gli dà tregua se non per alcuni sparuti momenti. Per questo motivo dorme, dorme la maggior parte del tempo. Per non sentire dolore.
Non vede gli amici, non studia, non esce di casa: qualsiasi attività è per lui foriera di un dolore sordo e continuo, al quale ormai si è in parte rassegnato.
Detto francamente, lo “spettacolo” così giovane e debilitato rappresenta qualcosa di sconfortante. Ancora: ti senti debilitato a tua volta dal solo sentire il suo eloquio compassato, lento, privo di ogni tonalità emotiva.
Si ha l’impressione che le sue parole vengano battute tramite un’anonima macchina da scrivere. Persino sorridere è dolore per Luca.
Avendo a mia volta sofferto negli anni della prima età adulta di cefalea, riconosco immediatamente il necessario ottundimento emotivo che serve a tenere a bada il dolore.
Come una bestia feroce, esso infatti è pronto a balzare fuori dalla sua tana alla minima eccitazione, al minimo movimento dell’animo. Le rare volte che abbozza un sorriso appare immediatamente la smorfia dolorosa sul suo viso.
La madre, nel lungo “briefing” telefonico che ha preceduto la prima videochiamata con Luca, aveva esplicitamente chiesto che Luca fosse sottoposto ad ipnosi, perché a suo modo di vedere era l’unica possibilità di aiutarlo: avendo già provato diversi tipi di terapia, non in ultimo quella farmacologica.
“Parlare non serve a niente”, aveva concluso la madre. Unico problema, Luca non vuole sentire parlare di ipnosi.
Convinto che nel caso specifico caratterizzato da una cefalea di probabile matrice psicosomatica, effettivamente una terapia ipnotica avrebbe potuto giovare a Luca.
Questo mi spinge ovviamente ae esplorare le ragioni di Luca per rifiutare l’ipnosi. “Non voglio perdere il controllo di me”, dice. Gli confermo che effettivamente ha buone ragioni per non volersi sottoporre all’ipnosi “classica“: un’espressione che in sé non ha alcun significato, ma che mi è utile per parlargli di “un’altra ipnosi”.
Siccome giustamente Luca non vuole affidarsi a terzi, gli chiedo se non sarebbe disposto a provare ad ipnotizzarsi da solo: questo gli permetterebbe di aumentare il controllo di sé, piuttosto che “perderlo”.
E finalmente riesco a leggere in Luca quel minimo credito di fiducia che è alla base di ogni rapporto terapeutico. Per un breve periodo i suoi occhi si accendono di curiosità, mi ascolta con interesse mentre gli spiego la procedura su come mettersi in uno stato ipnotico in maniera totalmente autonoma e mi promette di provare la sera stessa.
Ora, si sa per esperienza che le persone che soffrono di disturbi psicosomatici molto spesso sono ottimi “soggetti” per una terapia ipnotica. Ma per quanto riguarda il caso specifico, non nascondo che nutrivo ben poca speranza in primis, che Luca avrebbe mantenuto la parola ed in secundis, che questa procedura un po’ “azzardata” (belli gli eufemismi) avrebbe prodotto qualche effetto.
Passa qualche giorno in cui non ho notizie né di Luca né della madre e bevo l’amaro calice dell’insuccesso accompagnato da un panino perché dicono che il vino a stomaco vuoto non faccia molto bene.
Digerito vino e panino da qualche giorno, ecco arrivare la chiamata della madre che mi informa chela cefalea era scomparsa del tutto e Luca aveva ripreso, seppur con circospezione, le sue normali attività.
Ora, quando queste notizie inaspettate accadono è buona norma fingere una certa autorevolezza evitando di dare l’impressione di essere “caduto dal pero”, come si suol dire. Ma come non gioire di una sì inaspettata notizia?
Luca ed io abbiamo continuato a sentirci per qualche tempo. Luca è venuto a Genova anche di persona, a dimostrazione del fatto che la sua vita stava ritornando alla normalità. I più recenti aggiornamenti mi dicono che Luca ha finito gli studi e ha conseguito l’esame di guida. Ora Luca lavora e studia all’università.