Rabbia e Fuga

La gestione della Rabbia nei rapporti interpersonali non è sempre qualcosa di facilmente ottenibile.

Arturo (nome di fantasia) è un uomo nella seconda metà dei suoi trent’anni.
Viene accompagnato dalla sua attuale compagna, Valeria (nome inventato) alla quale Arturo demanda volentieri la narrazione del “suo problema”.
 
Valeria mi dice che Arturo da circa un anno e mezzo in seguito a discussioni con la sua compagna ha inizato ad “offendersi” a tal punto da interrompere ogni contatto con lei per periodo di tempo via via crescenti: da poche ore all’inizio della loro relazioni, si è passato man mano ai giorni, fino ad arrivare a mesi interi.
 
L’ultima volta sono trascorsi 77 giorni prima che Valeria riuscisse a mettersi in contatto con Arturo.
 
Esasperata da questa situazione, Valeria ha chiesto ad Arturo di chiedere aiuto, ed eccoli di fronte a me. Valeria ora gonfia il petto e, utilizzando un linguaggio anche spigoloso, squaderna tutto il suo livore.
 
Arturo d’altro canto sembra un pugile suonato: sguardo basso, occhi lucidi, annuisce alle parole di lei e si dice dispiaciuto per il suo comportamento.
 Lei lo incalza di colpi fino a quando la campanella sancisce la fine del round. Si alza e se ne va di modo che Arturo possa “aprirsi” maggiormente con me soltanto.
 
Prima di andarsene mi fa la sua diagnosi di disturbo dell’umore (grazie Google!).
 
Rimasti soli, lui conferma ogni singola parola della compagna: si dice profondamente dispiaciuto e desideroso di risolvere il “suo problema”.
 
Mi dice che in quei momenti si sente così bloccato dalle sue emozioni da non riuscire a dire una sola parola, mentre Valeria lo incita a parlare, più lei lo incita più lui sente il bisogno di fuggire lontano, di evitare in ogni modo quella sensazione di impotenza.
 
Io rilancio, e gli dico che non vedo nessun problema in lui (mi guarda stupito, con uno sguardo tra il sorpreso e l’incredulo).
 
Capisco che ci sono persone che necessitano di un periodo di tempo in solitudine per ragionare sulle proprie emozioni e dare loro un ordine ed un senso, prima di comunicarle all’altra persona.
 
Capisco altresì che ci sono altre persone che preferiscono “prendere il toro per le corna” e dirimere istantaneamente le questioni anche utilizzando un linguaggio non proprio accomodante.
 
Gli ripeto che non c’è nulla che non vada né nel suo approccio tendente all’evitare i “conflitti”, né in quello di Valeria, che al contrario li affronta a spada tratta. Esattamente come nel calcio, affinché si possa giocare una partita, una squadra ha bisogno dell’altra. Non ci può essere gioco se una delle due squadre rimane negli spogliatoi così come non ci può essere gioco se una squadra non concede metà del campo all’altra.
 
Arturo mi guarda con sempre maggiore interesse, e allora gli propongo di giocare un altro gioco, un gioco in cui entrambi possono alternarsi nel rispetto dell’avversario. Chiedo a Arturo di immaginare se potrebbe pensarsi a scrivere 
quello che vorrebbe dire a Valeria. Gli chiedo anche se sarebbe disposto a farlo ogni volta che sente quel desiderio di abbandonare il campo da gioco. Lui mi dice che non ci aveva mai pensato, ma che l’idea lo convince. 

Chiamiamo Valeria e le propongo nuove regole per giocare la loro partita. Valeria si mostra dapprima molto scettica, quasi mortificante nei confronti di Arturo. Poi già che c’è, mi dice che le sembra un’idea “del piffero”, un po’ come nascondere la polvere sotto al tappeto: è chiaro che Arturo ha dei problemi perché non è normale comportarsi come fa lui! 

Ma il lui in questione questa volta sente di avere uno strumento nuovo e sente di poterlo usare. Arturo prende spontaneamente il foglio e inizia a scrivere. Lei dapprima commenta a voce, poi capisce che Arturo è sceso in campo e si mette a scrivere anche lei. 

Lentamente i commenti si diradano, fino a scomparire. Osservo i due che dialogano in un silenzio surreale, quattro occhi che si bagnano lentamente, sorrisi ed ammiccamenti. 

A distanza di un anno, Arturo ha imparato ad esprimere il suo punto di vista mentre Valeria ha appreso come rispettare i tempi del compagno. 

Ora si permettono di scherzare sul loro passato, e si punzecchiano a vicenda, dicendosi: “e adesso che fai, scappi? Ti ritiri?”, al ché lui le risponde: “fossi matto!”, ridendo di gusto entrambi.


(Per un’approfondimento, “Change. La formazione e la soluzione dei problemi”, P. Watzlawick, J. H. Weakland, R. Fisch, 1974 Astrolabio)

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